RETI DA PESCA
Reti tipo bedina
Si tratta di reti a catino (dette in dialetto Riàa, Reàa o Rialòn), sprovviste di un vero e proprio sacco, della lunghezza da 80 a 100 m, sostenute in alto da galleggianti (sugheri, in dial. sìvul) di forma piatta e rettangolare, strettamente collegati a formare una barriera. La magliatura varia a seconda del tipo di pescato: da 10-13 mm per le piccole alborelle (Riàa d’alburéla), da 24-26 mm (Riàa per agoni), da 34 mm (Rialòn, per i coregoni).
La pesca veniva effettuata calando la rete a cerchio, quindi ravvicinandone il fondo, tirando dapprima la parte bassa delle urèla, fino a formare un catino, poi recuperando contemporaneamente il resto della rete.
Reti tipo tramaglio
Si tratta di reti da fondo (dette in dialetto Tramàgg o Tramagine), costituite da tre reti sovrapposte, quella centrale, rete vera e proria, molto abbondante in altezza detta velo o velina, e due reti laterali, di maglia più larga e filato molto più grosso dette mantelli. Nella parte superiore troviamo dei galleggianti, mentre la parte inferiore è zavorrata da pietre in modo tale da affondare la rete.
Si utilizzavano soprattutto per la pesca del persico, in modo particolare presso le legnaie. I persici venivano fatti fuggire, dopo aver circondato con la rete la legnaia e, nella fuga, si impigliavano nelle reti. Il recupero avveniva tirando la rete dai due capi.
La Tramagina, realizzata allo stesso modo ma con maglie più piccole, era usata per le alborelle.
Reti volanti
Reti montate a mezza maglia che portano superiormente dei galleggianti che le sostengono e le segnalano (segn o àncul), inferiormente sono presenti anelli metallici che le tengono tese. Venivano anche segnalate alle estremità da lanterne a petrolio e nel mezzo da una bandiera.
Vengono definite volanti (in dialetto Vulànt) perché sono distese al largo e, non essendo ancorate, restano in balia delle correnti. Si levano a partire da un solo capo.
Sono affondate a profondità variabile a seconda del prevedibile passaggio dei pesci, a sua volta condizionato dalla temperatura dell’acqua e dalle correnti che trascinano il plancton.