L’Isola vista da Ugo Ara

Così veniva descritto l’ambiente dell’Isola e i suoi abitanti nel 1930 (Ugo Ara, Il Romanzo delle Isole Borromee):

I suoi abitanti, che a fatica raggiungono le 120 persone, sono interamente dediti alla pesca, il mestiere dei loro progenitori, in cui hanno raggiunto una non comune destrezza. Remi e reti sono i primi giochi dei bambini, fino a quando diventano degli utensili del loro benessere e i trofei delle loro vittorie. Non importa quanto poco siano agiati i loro genitori e quanto siano allettanti le possibilità esterne; mai, o raramente, i giovani vogliono disertare la loro isola, ansiosi di seguire le tracce dei loro padri e diventare e restare… pescatori. Essi fanno il loro lavoro con amore, e perciò lo fanno alla perfezione, così che anche i loro gelosi confratelli devono ammettere che, sul Lago Maggiore, essi sono i “Paganini della rete”. Legata alla tradizione com’è, l’Isola dei Pescatori ha mantenuto quasi intatto il suo aspetto di pittoresco villaggio medioevale, e tale è il fascino delle sue viuzze tortuose, dei sottopassaggi ad arco, delle scale esterne e delle rustiche case, interamente ricoperte da vite e glicine, che i pittori di tutti i paesi si stanno impegnando per ottenere che il governo italiano la proclami monumento nazionale, così da evitare il pericolo di averla all’improvviso modernizzata e sfigurata. La pesca propriamente detta, il rammendo, la tintura delle reti e delle tende e la riparazione delle barche tengono gli uomini occupati durante tutto l’anno, mentre il lento e regolare ritmo dell’esistenza è animato ogni tanto da qualche festa, a cui tutta la popolazione partecipa con gioia.

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