Giuseppe Ottolini
“La pesca, a seconda della stagione in corso, vedeva partire le navi, ancora di notte, per levare le reti volanti per coregoni, sparpagliate tra il centro e l’alto lago; lo stesso si ripeteva per la pesca delle “pantere” per agoni. In altro periodo, nel tardo pomeriggio, la flotta di 15-20 barche partiva per il “Pian” tra Feriolo, la foce del Toce e la Beata Giovannina di Suna, e tendeva un reticolato-trappola per le grosse trote…
E ancora ricordo la preparazione e la posa al sole dei misoltini steccati su una croce a rombo poi appesi su tutti i muri”
(da Nelle reti del tempo, 2010)
Francesco Ruffoni
“La giornata cominciava con la sveglia alle ore due del mattino. La partenza era subito verso l’alto lago: Ghiffa, Oggebbio, Cannero le destinazioni; intorno alle due e trenta la prima fermata era Ghiffa, dove si mettevano tre “tiri di rete”; si proseguiva poi per Oggebbio, ad aspettare l’alba. Quello infatti era il momento buono per vedere se “saltavano” i pesci, dopo di che si procedeva con la pesca, con risultati a volte buoni (50 kg), a volte scarsi (10 kg).
Ci portavamo quindi a Cannero e con il sorgere del sole, di concedevamo un momento di riposo andando al bar a fare colazione.
Alle nove e trenta cominciava la nostra “seconda giornata”; a motore ci portavamo ai Castelli di Cannero, effettuando poi a remi il percorso a ritroso per cercare i banchi di alborelle che pascolavano nelle acque là sotto. Certe volte la fortuna ci aiutava con pescate superiori ai 100 kg. […] il rientro dalla giornata di pesca capitava verso le otto di sera”.
(da Nelle reti del tempo, 2010)
Ignazio Maggioni
“I ritmi di pesca erano scanditi dalle stagioni: dal gennaio a marzo pescavamo, sul Piano della Toce”, le “reti al fondo” per agoni e trote; incominciavamo la mattina verso le nove e si andava avanti fino a metà pomeriggio; ci fermavamo solo in caso di brutto tempo.
Da marzo a giugno erano i mesi più duri: iniziava infatti il periodo della bedina per alborelle, e si partiva dunque dall’isola alle tre del mattino, stando sul lago fino alla sera, riposandosi solo tre o quattro ore a cavallo del mezzogiorno. Si mettevano circa dieci tracc al giorno: quaranta minuti per mettere e ritirare la rete. Poi, dopo aver sistemate le alborelle nelle cassettine si “pareggiava” la rete sulla sponda pronta per un altro “tiro”. Da metà a fine maggio era un periodo di relativa calma perché la pesca con le reti volanti non rendeva molto.
Dall’inizio giugno si imbarcava la riaà d’agoni e solitamente si pescava sul Piano da Feriolo alla Toce; la partenza era intorno alle quattro del mattino, si lavorava fino alle 11, poi si rientrava all’isola. La rete una volta calata veniva subito salpata con la barca ancorata, per fare una sorta di strascico. Nel mese di giugno tutte le barche si dedicavano alla pesca degli agoni, perché era il periodo migliore; nei mesi successivi invece con questa rete pescavamo anche altre qualità di pesce, come cavedani, piotte, ma anche persici, tinche, lucci. Solitamente con la riaà si pescava fino alla fine di settembre. Da ottobre a tutto dicembre si riprendeva la pesca autunnale delle alborelle con la bedina.”
(da Nelle reti del tempo, 2010)